dedicato al milite ignoto
testo Umberto Fabi
organizzazione Marco Formato
produzione Scenari Armonici
note di riflessione e regia
La
Prima Guerra Mondiale ha emesso un solo verdetto sicuro: l’umanità perde e la
tecnologia stravince, superandoci se non in crudeltà quantomeno in efficacia.
L’impatto della tempesta d’acciaio è devastante, ma non per questo
cesseranno le guerre. La primaria umana pulsione a farsi seriamente del male
tra uomini e uomini è riassunta in modo semplice quanto efficace da una frase
attribuita all’Imperatore Giuliano: gli uomini hanno sempre amato
distruggere quanto costruire. Questo spiega perché la guerra è tanto popolare.
La
guerra è popolare, un dramma condiviso che ha come protagonista e spettatore il
popolo, una tragedia collettiva intessuta di tantissime tragedie individuali.
La più atroce e ancestrale è la tragedia della madre mutilata del suo arto più
caro, il frutto del suo ventre. Accudito nel mistero dei nove mesi in grembo,
sfamato, allevato, amato di un amore incondizionato e assoluto e infine perso
tra i lampi di una guerra cieca. Per quella madre non può esserci consolazione
né risarcimento alcuno. Non su questa terra. C’è solo solitudine. C’è solo
dignità.
Il
nostro racconto dedicato al Milite Ignoto è la storia di quell’arto di madre
reciso, della madre e di un intero popolo, della metamorfosi di colui che era
giovane uomo con un volto e un nome e ora si ritrova trasformato in ignoto che
rinasce in forma simbolica e universale, delle emozioni che questi richiama dal
cuore indurito di chi ha vissuto guerra e lutti. È la cronaca del viaggio dei
suoi miseri resti verso la culla terrena del Vittoriano e di quello della sua
anima verso eterni spazi. È anche un’occasione per riflettere sui profondi
significati dell’innato istinto guerresco dell’uomo, del valore e dei Valori
della vita, della sua sacralità. È una possibile risposta alla banalità
imperante del pacifismo salottiero, che nulla ha in comune con la nobile Pace,
che ciancia per cianciare dei mali del mondo che imputa ad altri, ignorando
(volutamente?) che violenza e crudeltà non sono prerogative di quel popolo o di
quella fede religiosa o politica, ma presenze costanti della nostra esistenza,
istinti primordiali che devi ricercare e riconoscere innanzi tutto in te
stesso, non negarli sdegnosamente, per sperare di poterli dominare o perlomeno
controllarli.
Ignoto
Militi è una storia dove la concreta desolazione delle ferite e delle macerie
si redime nel sentimento collettivo di pietas per il Figlio della Patria. In
guerra sono pochissimi coloro che si salvano, neppure i vincitori. Il Milite
Ignoto è il solo a salvarsi, è lui il pianto e ammirato da tutti, è lui il
redento da ogni peccato e più non importa se fosse un volontario o un
coscritto, un eroe o un vigliacco, un siculo o un lombardo, è al di là, è al di
sopra delle misere parti imposte dal copione dell’esistenza. Il Milite Ignoto è
il figlio di tutte le madri, è il perdono dei suoi e dei nostri peccati, è una
stella luminosa nel cielo che ci sovrasta.
Retorica di regime? Astuta invenzione per distogliere il popolo in
pieno subbuglio sociale dal compiere azioni rivoluzionarie ai danni di quello
Stato che come spesso accade promette e non mantiene? Il Milite Ignoto è ben
oltre alle polemiche, oltre la meschinità di coloro che volontariamente o meno
hanno usato ancora una volta il soldato senza nome per proprio tornaconto. È
oltre e parla al cuore. Il popolo, tante volte sordo volontario, in questo caso
sente benissimo il lamento profondo che sorge dalla bara del Figlio di Tutti,
lo testimoniano le immagini e gli articoli che parlano di una partecipazione
popolare spontanea al di là di intenzione e apparato scenico. È un popolo unito
in una comunione di patriottismo ancestrale, sono lacrime, volti bassi,
preghiere semplici, cappelli levati e ginocchia sugli spigolosi sassi della
ferrovia. È la Passione popolaresca al passaggio del Cristo povero, crocefisso
dall’imperscrutabile fato all’affusto di un cannone.