mercoledì 11 maggio 2016

fiabe di paura


Un’azione teatrale progettata per un luogo metateatrale: in un angolo della piazza, nel salotto buono di casa, o nella lavanderia a gettoni.
Le fiabe di paura ci parlano della sfida tra l’uomo e i suoi fantasmi.  E come ben sappiamo, senza per questo ammetterlo apertamente, i fantasmi esistono e le fiabe sono molto semplicemente cronache reali della lotta tra luci e ombre.
 
Quelle riscritte da noi, e riscritte a ogni nuova replica, sono degli “spartiti vocali” alla costante ricerca delle sonorità e della musicalità che sgorgano nell’esercizio dell’espressione orale. È importante per una fiaba avere un suono, una consistenza sonora. Una fiaba per essere tale deve essere raccontata, e solo con la “trasmissione in voce” può essere condivisa, e compiere la sua missione catartica. È con la sonorità che una storia diviene immagine senza alcun peso. L’immagine, quella fatta di materia pesante e ingombrante, è ridotta al minimo. Attori e burattini. Voci e legno.

Tre fiabe:
“Due gobbi” narra di due fratelli, uno intelligente e sensibile, l’altro allocco e coriaceo. I due percorrono la stessa strada, incontrano le stesse opportunità, ma il loro destino a un certo punto diverge. A volte il nostro destino è solo questione di stile.
“Zio Cocon”: una bambina golosa e bugiarda sceglie la via della menzogna per soddisfare le sue bramose voglie di cibo e finisce, incappando nella legge che dice chi di cibo ferisce di cibo perisce, tra le fauci del vendicativo zio. La menzogna ha gambe corte e digestione lunga.
“Giuanin senza paura”: un ragazzo totalmente privo di paura affronta un orribile gigante sorseggiando vino e mangiando salame. Finirà per liberare il mostruoso essere da un noioso incantesimo che lo imprigiona in un camino. La paura è come il peperoncino, brucia ma fa bene alla salute.


In Fiabe di paura cerchiamo di ricreare l’atmosfera aperta e libera di un teatro fuori dalla forma convenzionale di rappresentazione. Non “fingere d’essere” ma “giocare all’essere”. Senza pareti a dividere, spezzando trame e ritmi in un sincopato incedere del racconto.
Si lavora su più piani: quello del racconto proveniente da un testo e quello all’improvviso scaturito da un’idea, da un capriccio dell’attore o del pubblico.
Il racconto fiabesco non ha limiti di tempo o spazio. Ci rivolgiamo verso il bambino, che sia tale per età o per scelta, in grado di costruire nel nulla un mondo.

UF
347 22 74 484


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Attore, regista, autore e docente. Prediligo la ricerca del vero attraverso l'arte espressiva teatrale. Sperimento la vocalità come forma musicale del teatro d'attore. Scrivo testi che partendo dallo storico si avviano all'epico. Lavoro volentieri con burattini e musicisti, qualche volta anche con attori. Opero in spazi non convenzionali e mi arricchisco: lo spirito. Spazi di confine mi ospitano. L'aikishintaiso, pratica interna dell'arte marziale dell'aikido, mi tiene aggiornato il corpo e la mente, quando questa è in me.

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