Un’azione
teatrale progettata per un luogo metateatrale: in un angolo della piazza, nel
salotto buono di casa, o nella lavanderia a gettoni.
Le
fiabe di paura ci parlano della sfida tra l’uomo e i suoi fantasmi. E come ben sappiamo, senza per questo
ammetterlo apertamente, i fantasmi esistono e le fiabe sono molto semplicemente
cronache reali della lotta tra luci e ombre.
Quelle
riscritte da noi, e riscritte a ogni nuova replica, sono degli “spartiti
vocali” alla costante ricerca delle sonorità e della musicalità che sgorgano nell’esercizio
dell’espressione orale. È importante per una fiaba avere un suono, una
consistenza sonora. Una fiaba per essere tale deve essere raccontata, e solo
con la “trasmissione in voce” può essere condivisa, e compiere la sua missione
catartica. È con la sonorità che una storia diviene immagine senza alcun peso. L’immagine,
quella fatta di materia pesante e ingombrante, è ridotta al minimo. Attori e
burattini. Voci e legno.
Tre
fiabe:
“Due
gobbi” narra di due fratelli, uno intelligente e sensibile, l’altro allocco e
coriaceo. I due percorrono la stessa strada, incontrano le stesse opportunità,
ma il loro destino a un certo punto diverge. A volte il nostro destino è solo
questione di stile.
“Zio
Cocon”: una bambina golosa e bugiarda sceglie la via della menzogna per
soddisfare le sue bramose voglie di cibo e finisce, incappando nella legge che
dice chi di cibo ferisce di cibo perisce, tra le fauci del vendicativo zio. La
menzogna ha gambe corte e digestione lunga.
“Giuanin
senza paura”: un ragazzo totalmente privo di paura affronta un orribile gigante
sorseggiando vino e mangiando salame. Finirà per liberare il mostruoso essere
da un noioso incantesimo che lo imprigiona in un camino. La paura è come il
peperoncino, brucia ma fa bene alla salute.
In Fiabe di paura cerchiamo di ricreare l’atmosfera aperta e
libera di un teatro fuori dalla forma convenzionale di rappresentazione. Non
“fingere d’essere” ma “giocare all’essere”. Senza pareti a dividere, spezzando
trame e ritmi in un sincopato incedere del racconto.
Si
lavora su più piani: quello del racconto proveniente da un testo e quello
all’improvviso scaturito da un’idea, da un capriccio dell’attore o del pubblico.
Il
racconto fiabesco non ha limiti di tempo o spazio. Ci rivolgiamo verso il bambino,
che sia tale per età o per scelta, in grado di costruire nel nulla un mondo.
UF
347 22 74 484
Nessun commento:
Posta un commento